giovedì 16 aprile 2009

Silvio Grasso, fuga verso la fantasia.

Di Plato

Militante da ormai 10 anni nel mondo del fumetto catanese, Silvio grasso, è tra i più floridi ed abili artisti di questa terra ( conosciuti almeno. Ndr ) sicula. Autore di numerose opere fra Fumetti e calendari per Marco Spampinato editore. Stile decisamente fresco, intriso quanto basta di quel tratto esotico che oramai a torto ed a ragione ha contaminato l’arte fumettistica contemporanea, ma anche pieno di un’arte che è tutta Italiana. Influenze che conferiscono all’opera un’atmosfera profondamente illustrativa, sempre piena di quei particolari minuziosi e gustosi, come panorami natura e ricerca di radici realistiche sempre imbevute però di fantasia, che spesso, soprattutto nel “fumetto take away” a cui le major di oggi ci hanno sempre più abituato, divengono sempre meno frequenti.
Comincio l’intervista con una delle domande più banali ma anche la più incisiva e profonda che si possa fare ad un disegnatore di fumetti.

Perché il fumetto?

Mi è un po’ difficile rispondere a questa domanda, non so perché ho scelto di disegnare la mia fantasia. Forse è iniziato come un bisogno infantile di realizzare, in qualche modo, i miei sogni, i miei giochi. Poi continuando a farlo magari è diventato qualcosa di automatizzato; forse questa risposta è solo una mia elucubrazione mentale, non so.

Ispirazioni?

Naturalmente si. Avere dei punti di riferimento, soprattutto quando ci si sta formando dal punto di vista della tecnica, è fondamentale.

Tu sei anche pittore di ottimi quadri; Il fumetto può arrivare a raccontare più di quanto non possa fare la pittura?

Si tratta di due espressioni artistiche differenti. Con la pittura ci si confronta con un unico spazio ed un unico momento espressivo, quello dello spazio pittorico appunto. Mentre il fumetto può avvantaggiarsi della quarta dimensione, perciò si presta meglio al racconto di vicende.
Quindi potrei dire che la pittura si presta meglio al racconto di sensazioni e il fumetto al racconto di vicende, ma questo non vuol dire che l’uno non possa fare ciò che è il punto forte dell’altro. Sono solo due modi differenti di raccontarsi e raccontare.

il fumetto siciliano non ha molti sostenitori; eppure tu e tuo fratello Fabio siete tra i pochi e fra i più abili autori ad aver pubblicato nella tua città. Cosa hai da dire a tal proposito.

beh, innanzi tutto sono dispiaciuto che a Catania sia difficile fare fumetti, e questo lo vivo in prima persona ogni giorno. Per quanto riguarda l’essere tra i più abili, non so se è vero, certo mi piacerebbe ma so che ho ancora molto da imparare. Spero che in un futuro non troppo lontano io e mio fratello possiamo diventare dei fumettisti bravi che vivono in una Sicilia molto più attenta ed interessata al fumetto.


Ti piace più scrivere o disegnare Le tue opere?

Quando ho iniziato a “scarabocchiare” i miei primi fumetti non scrivevo niente; iniziavo una storia senza avere idea di come si sarebbe evoluto il racconto. Credo che per realizzare una buona storia scrivere e pianificare sia importantissimo. Ma se devo essere sincero non sono mai stato bravo a scrivere.

Come hai conosciuto la compagnia di “fumetto al cubo?”

Tutto è cominciato quando mi iscrissi al corso di fumetti organizzato dalla galleria “Progetti d’arte” e dalla “fondazione Marco Montalbano”, fondata dal compianto Paolo Montalbano, grande pilastro dell’iniziativa, assieme ad Angelo Pavone, Antonino Rocca, Marina Bertolino. Partecipare a quel corso mi ha dato, oltre alla possibilità di migliorarmi dal punto di vista della tecnica l’opportunità di confrontarmi con altri giovani fumettisti e migliorare assieme a loro.

Senza svelare troppo della trama…com’è nato il soggetto della tua storia?

Sapendo di avere a disposizione poche tavole ho pensato che puntare sul racconto sarebbe stato arduo, non era facile trovare la maniera di far succedere degli eventi in poche vignette. Cosi non mi restava che spostare l’attenzione sull’introspettiva. Spero di essere riuscito in questa operazione senza deludere le aspettative di chi legge.

Il medioevo e il fantasy sono tra i tuoi temi preferiti. Cosa significa oggi raccontare una storia fantastica? Pensi sia possibile usare questo genere in un tempo in cui il reality e la crudezza sembrano essere l’unica voce udibile?

Se penso ai tempi in cui viviamo e hai valori che i mass media ci trasmettono l’unica parola che mi viene in mente è “spazzatura”. Il fantasy è per definizione “fuga dalla realtà”, e se la realtà sono i reality…preferisco la finzione tutta la vita.

stai lavorando ad altri progetti adesso?

certo, ma ultimamente sono diventato molto lento. Auto tirandomi le orecchie da solo spero di rimettermi in carreggiata.

Cosa ne pensi delle sue opere?

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