martedì 10 gennaio 2012

Racconto scritto, racconto figurato

di Antonino Rocca

 Noi abbiamo bisogno di “figurarci” le cose.
Quando leggiamo un romanzo non soltanto reagiamo con emozione alla descrizione di emozioni ma ci immaginiamo, ci figuriamo nella mente i fatti, gli ambienti, i personaggi di cui scrive l’autore. E, per quanti dettagli lo scrittore possa fornire, ognuno rimane abbastanza  libero di figurarsi le cose come vuole.
Se però, ad un certo punto, il racconto viene “illustrato” l’illustrazione sottrae al lettore in qualche misura la libertà dell’immaginazione, la limita, la condiziona, perché sostituisce all’immaginazione l’immagine, come l’artista l’ha arbitrariamente concepita. E noi diamo al personaggio descritto dallo scrittore la fisionomia “imposta” dal disegnatore. Aumentando il numero delle illustrazioni diventa più esplicito il passaggio dal racconto scritto al racconto figurato e si accede, contemporaneamente, ad un modo di raccontare, di comunicare nuovo e diverso. E’ ciò che accade, ad esempio quando un romanzo viene tradotto in un film, o in un fumetto. E i personaggi letterari vengono tradotti in star cinematografiche o eroi di carta e matita.
(Nello scambio di cortesie fra arti diverse accade ad esempio che il protagonista di un romanzo inizialmente affidato alla libera fantasia figurativa del lettore, acquisti, nella traduzione cinematografica, le sembianze del “grande attore”,allora,in copertina, nella riedizione di quel romanzo, appare la foto del grande attore, il protagonista personificato nell’immagine cinematografica ha sostituito quello descritto nell’opera letteraria. Esemplare il caso del Sandokan descritto da Salgari, reso in innumerevoli fisionomie da mille illustratori alla fine ha assunto per tutti (nei libri, nei fumetti, negli albi di figurine panini, in tv e nel cinema) le fattezze dell’indiano Kabir Bedi. A dimostrare un ulteriore effetto collaterale: nello stesso campo delle immagini che traducono in figura un certo personaggio letterario, l’immagine più forte batte la più debole. Sappiamo poi che in certe novelle illustrate degli anni 50 il personaggio principale veniva disegnato col volto di Tyrone Power. E sappiamo anche che, nel popolare fumetto, Dylan Dog ha il volto di Rupert Everett e sullo schermo avrà quello di Matt Dillon.)
Il campo del fumetto è uno di quelli in cui la metamorfosi si realizza in modo compiuto: la figura assume il predominio assoluto e riduce il racconto nei limiti dei balloons e delle didascalie.
Per certe innegabili affinità possiamo dire che il fumetto si può guardare come un quadro, leggere come un romanzo, seguire come un film (certi magnifici disegni a pagina intera di Toppi o Moebius, certi lunghi racconti di Pratt, le inquadratue, i tagli, i “piani”, i “campi” cinematografici frequentissimi in ogni buon fumetto) ma non è un fratello minore delle altre arti perché ha sviluppato una sua originale  struttura narrativa che pone nuovi problemi di lettura e un nuovo impegno immaginativo.
Un romanzo, un film hanno un “andamento” continuo e dinamico. Il fumetto racconta in modo statico e continuamente interrotto (ed è muto), ma ha inventato un complesso sistema di segni, simboli, convenzioni (che devono essere riconosciuti dal lettore) che lo rende virtualmente dinamico e continuo (e sonoro).


In ogni vignetta è bloccato uno e un solo istante di una azione e fra una vignetta e la successiva si inserisce una ellissi. Ogni vignetta è una scelta; il fumettista già in fase di ideazione e stesura dello story-board progetta il suo racconto e decide quali momenti dell’azione devono essere illustrati, e quali devono restare “sottintesi”, i primi diventeranno vignette, gli altri rimarranno nascosti dietro la cornicetta bianca (la ellissi) che divide l’un riquadro dall’altro: sarà compito del lettore “immaginarli”.
Il fumettista dovrà peraltro scegliere il tipo di ritmo da conferire al racconto. Se decide per un andamento lento, sarà lenta e molto dettagliata la sequenza delle vignette, un solo gesto potrà essere “distribuito” in più vignette mostrato da più punti di vista, descritto in “scatti” molto ravvicinati. Potrebbero anche mancare balloons e didascalie, poiché le figure da sole, per come sono state raffigurate, sono di per se abbastanza parlanti e le ellissi avrebbero ben poco da “presupporre”. Il passaggio ad un andamento dinamico richiederà invece l’impiego di tutte le escamotages inventate dal fumetto per simulare il movimento e i vari “rumori”. Allora scopriremo le linee dinamiche, le onomatopee esplosive, i balloons “arrabbiati” dai margini dentati, gli interventi più decisi dei contrasti charoscurali; potrebbero anche diventare più repentini e riassuntati i passaggi descrittivi fra una vignetta e l‘altra, molti gesti, azioni, punti di vista saranno catturati dalle ellissi e il lettore dovrà verosimilmente impegnarsi di più nel “figurarsi” la ricostruzione dei momenti mancanti. 
Il ritmo narrativo (e di conseguenza l’articolazione dell’intero apparato grafico) poi, dovrà svilupparsi in modo coerente per tutta la durata del racconto. Non solo fra vignetta e vignetta ma all’interno di una intera pagina e poi nel passaggio fra una pagina e l’altra il fumettista dovrà saper dosare i rapporti fra ogni parte e il tutto, e dal punto di vista dello “stile” grafico e da quello narrativo, punteggiando di indispensabili “momenti di tensione” i punti di “svolta” del racconto che dovranno corrispondere coi momenti di “svolta” della pagina o con la conclusione dell’episodio, che deve lasciare il lettore “in sospeso”, con la curiosità di sapere come andrà a finire.


Naturalmente il fumetto contemporaneo ha più volte scombussolato le regole del gioco, inventando nuovi simboli, costringendo il lettore ad accettare nuove convenzioni, destrutturando in vari modi la composizione delle tavole, dinamizzando, a volte oltre misura, ogni azione.Il colloquio mai interrotto con le altre arti (specialmente con la pittura contemporanea) con i nuovi media, e in certa misura anche l’irruzione dei manga, hanno spinto i fumettisti a sperimentare nuove soluzioni grafiche e certe commistioni fra disegno orientale e occidentale (basti pensare alla collaborazione fra Moebius e J.Taniguchi      nella realizzazione di “Icaro”. Probabilmente nuove frontiere saranno aperte, anche per effetto dei videogiochi e delle applicazioni 3D. Sono già in circolazione fumetti con allegati gli occhialini per la visione tridimensionale. Ne vedremo delle belle. Ma siamo ormai pronti  alle sorprese più “inimmaginabili”.




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